Cookie Consent by Free Privacy Policy website Giulio Paolini: un piccolo passo di lato
gennaio 19, 2023 - Espoarte

Giulio Paolini: un piccolo passo di lato

È il vuoto a invadere l’osservatore non appena varca la soglia della Galleria Massimo Minini per prendere visione della nuova personale di Giulio Paolini, la settima allestita nella galleria bresciana a partire dal 1976. E si capisce subito che, con un po’ di auto-referenzialità – ma in fondo in linea con i caratteri della ricerca dell’artista, spesso intenta a rimasticare concettualmente i propri stessi materiali e luoghi –, questa #mostra parla molto del rapporto tra l’artefice e il gallerista, in un legame intimo di stima e amicizia che viene reso evidente, in un allestimento davvero rarefatto.

Nel primo spazio “a navata” ci si imbatte, dunque, in una struttura in plexiglas che riprende le proporzioni in scala ridotta dell’ambiente in cui ci si trova. Il senso di vertigine (mise en abyme), freddo e delicato allo stesso tempo, è immediato: ci guardiamo da fuori o siamo contemporaneamente dentro, all’esterno o sulla soglia del discorso artistico? Questo è sicuramente uno dei meriti del lavoro più che cinquantennale di Paolini: spostarci e spostare l’opera su quelle soglie di demarcazione che solitamente distinguono ciò che è #arte da ciò che non lo è. Per l’autore il lavoro tende ad assumere i caratteri di passe-partout o cornici che hanno però perso il loro ruolo definitorio per guadagnare un centro della scena quanto mai ambiguo e sfuggente. La sala si chiude poi nuovamente con il plexiglas, questa volta accompagnato da carta e grafite. La sagoma di Paolini tratteggiata a metà sul muro e a metà sul supporto all’interno del quadro sembra in procinto di “entrare nell’opera”, facendo un po’ il verso al collega poverista Giovanni Anselmo, e provando eloquentemente a consegnarsi a quella storia dell’arte a cui ormai già appartiene.

Installation view from the exhibition by #giuliopaolini, Momenti della verità at Galleria Massimo Minini, Brescia, November 2022 – January 2023 Courtesy the artist and Galleria Massimo Minini Ph. Petrò GilbertiGIULIO PAOLINI: UN PICCOLO PASSO DI LATOGABRIELE SALVATERRA18 GENNAIO 2023ARTEMOSTRE/EVENTINEWS IN EVIDENZA 0BRESCIA | GALLERIA MASSIMO MININI | FINO AL 19 GENNAIO 2023

di GABRIELE SALVATERRA

È il vuoto a invadere l’osservatore non appena varca la soglia della Galleria Massimo Minini per prendere visione della nuova personale di Giulio Paolini, la settima allestita nella galleria bresciana a partire dal 1976. E si capisce subito che, con un po’ di auto-referenzialità – ma in fondo in linea con i caratteri della ricerca dell’artista, spesso intenta a rimasticare concettualmente i propri stessi materiali e luoghi –, questa #mostra parla molto del rapporto tra l’artefice e il gallerista, in un legame intimo di stima e amicizia che viene reso evidente, in un allestimento davvero rarefatto.

Installation view from the exhibition by #giuliopaolini, Momenti della verità at Galleria Massimo Minini, Brescia, November 2022 – January 2023 Courtesy the artist and Galleria Massimo Minini Ph. Petrò Gilberti

Nel primo spazio “a navata” ci si imbatte, dunque, in una struttura in plexiglas che riprende le proporzioni in scala ridotta dell’ambiente in cui ci si trova. Il senso di vertigine (mise en abyme), freddo e delicato allo stesso tempo, è immediato: ci guardiamo da fuori o siamo contemporaneamente dentro, all’esterno o sulla soglia del discorso artistico? Questo è sicuramente uno dei meriti del lavoro più che cinquantennale di Paolini: spostarci e spostare l’opera su quelle soglie di demarcazione che solitamente distinguono ciò che è #arte da ciò che non lo è. Per l’autore il lavoro tende ad assumere i caratteri di passe-partout o cornici che hanno però perso il loro ruolo definitorio per guadagnare un centro della scena quanto mai ambiguo e sfuggente. La sala si chiude poi nuovamente con il plexiglas, questa volta accompagnato da carta e grafite. La sagoma di Paolini tratteggiata a metà sul muro e a metà sul supporto all’interno del quadro sembra in procinto di “entrare nell’opera”, facendo un po’ il verso al collega poverista Giovanni Anselmo, e provando eloquentemente a consegnarsi a quella storia dell’arte a cui ormai già appartiene.

Questo profilo di spalle dell’autore fa capolino lungo tutto il percorso espositivo, del resto impostato secondo un rigido schema concettuale: un’opera su carta nella prima sala, due nella seconda, tre nella terza e quattro nella quarta. Nonostante questo e l’alta caratura cerebrale che contraddistingue il suo lavoro, all’artista non si adatta bene la parte dell’algido, estremo, concettuale. Pur nell’economia estrema delle opere esposte, la vena italiana di Paolini, calda, referenziale e poetica non tarda a emergere. I segni a matita sono piccoli “passi indietro” che modulano quel lontano Disegno geometrico (1960) nel preferire mettere in scena gli strumenti del fare piuttosto che servirsene. Il suo stesso comparire come personaggio è una forma di ritratto che si ritira nel momento stesso in cui propone la sua effige, da cui la polisemia già percorsa da Jean-Luc Nancy delle parole ritirarsi/ritrarsi.

Al contrario, al piano superiore, negli uffici della galleria, si possono ammirare altre opere storiche, impostate a quadreria, che, forse, soddisfano maggiormente il palato di chi vuole qualcosa di più del vuoto e dell’assenza, o di chi si aspetta una costruzione maggiore per la #mostra personale di uno dei più grandi maestri dell’arte contemporanea internazionale. Eppure la poesia allestita nelle quattro sale del pianterreno riesce a momenti magica e mai troppo asettica. Ogni segno tracciato è un condensato di attenzione e leggerezza che contribuisce a spiegare quel dispositivo, quel sistema, nel quale ci stiamo aggirando visitando la #mostra. Il Maestro si mette da parte, sembra camminare via per lasciare in sua vece il proprio lavoro, pochi tratti, materiali e supporti che riescono con quasi nulla a dipanare “momenti di verità” molto intensi.

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